di Elisabetta Gnignera*
Fautrice di un all’insegna dell’ autenticità, chi scrive vuole essere ‘di vedetta’ circa un fenomeno evidenziatosi nell’ ultimo quinquennio e probabilmente traghettato in Italia, sia da riflessioni scaturite dal controverso film “La grande Bellezza” di Paolo Sorrentino (2013) dove una Roma mozzafiato stride a contatto con la grettezza della vita falso-mondano e falso-tutto che vi scorre e dove – per dirla con il protagonista del film Jep Gambardella ( alias Toni Servillo) – tutto è « chiacchiericcio e rumore» che copre «gli sparuti,incostanti sprazzi di bellezza»… sia, più prammaticamente, dalla sponsorship del restauro del Colosseo finanziato dal Gruppo Tod’s SpA di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Comune di Roma di cui la prima fase del restauro (avviata nel 2011), si è conclusa nel 2014.
Non possiamo infatti non domandarci se l’operazione ‘Colosseo’ non abbia instillato nel mondo dell’imprenditoria, con particolare riguardo al tessile-abbigliamento per emulazione del patron Della Valle, quella voglia di ‘grandeur’ sopita, che aveva animato e ispirato i grandi mecenati del Rinascimento. Se, negli anni passati alcune maisons avevano fatto del loro patrimonio territoriale e culturale di origine, un cavallo di battaglia attorno al quale delineare prodotti e comunicazione (come non citare la plateale – mai interrotta e a tratti pop – proposta di prodotto e relativa campagna comunicazionale di Dolce & Gabbana, o di contro, il sofisticato fil rouge intessuto sulle passerelle da Antonio Marras?), per la SS 2016 e la FW 2016-17 almeno tre operazioni simultanee, sono state lanciate in questo senso, su diversi livelli, in quanto a target e fruizione culturale. Per chi, come me, si divide tra fashion trends e rigore storico, un tale fenomeno coincidente diventa una vera e propria evidenza tutta da indagare.
Iniziando da quella che è a mio avviso una delle operazioni più interessanti e sofisticate alle quali abbiamo assistito, non posso non applaudire la passerella Women Fall Winter 2016-2017 che Alessandro Michele ha messo in piedi per la maison Gucci dove un sofisticato ‘Renaissance mix’ ha portato alla ribalta linee che evocano la camora: l’abito femminile rinascimentale italiano ma in versione glamour con gioielli trompe-l’œil, accanto ad un colto revival dei celeberrimi ritratti di Elonora di Toledo del Bronzino, in chiave vagamente Belle Époque. Citazioni pittoriche fiamminghe e tessili da togliere il fiato, ci hanno riportato al lusso, quello colto e tangibile, delle corti rinascimentali.

A sinistra: Jean Fouquet, La Madonna del latte in trono con Bambino ( 1450-55), già dittico di Melun; a destra : outfit della Collezione Gucci FW 2016-2017, dettaglio.
A sinistra: outfit della Collezione Gucci FW 2016-2017; a destra: pannello tessile ottomano ( XVI/XVII secolo) di manifattura turca (citta di Bursa).
Diverso è lo spirito che anima invece le capsule collections lanciate per la Spring-Summer 2016 da brands quali OVS (Arts of Italy) e H&M (Conscious Exclusive), i quali hanno attinto al patrimonio culturale e museale italiano ed europeo, con l’ intento di valorizzare la conoscenza delle opere d’arte e di contribuire a preservarle nel tempo. Nell’ era più social di sempre “la bellezza non è soltanto un valore ma un’esperienza da condividere” enuncia infatti la mission di Arts of Italy, capsule collection lanciata da OVS dove gioielli d’arte italiana più o meno note – e tra ‘i meno’ segnaliamo la Domus del Mito di Sant’Angelo in Vado, in provincia di Pesaro e Urbino (I/II sec. d.C) e la Chiesa romanica di San Pietro a Tuscania ( Viterbo) – hanno ispirato sia la collezione ideata per raccogliere i fondi necessari al restauro di alcune opere d’arte del patrimonio italiano, sia una accattivante campagna comunicazionale con un trailer che cita appunto “La grande bellezza” e immagini ‘social’ i cui testimonials sono perfettamente a loro agio (è il caso di dire…) ‘dentro l’arte’.

La stilista Marta Ferri, in veste di testimonial per la campagna pubblicitaria Ovs Arts of Italy SS 2016, posa davanti alla immagine del Rosone della facciata della Chiesa romanica di Tuscania ( Viterbo) con un abito ispirato ai suoi decori.
Se quella di Ovs è dichiaratamente una operazione in cui le opere d’arte e i monumenti – graficamente citati senza mediazione – la fanno da protagonisti quali soggetti ispiratori e al contempo destinatari della mission dell’ operazione, la collezione H&M Conscious Eclusive SS 2016 unisce alla citazione d’arte anche la sostenibilità del prodotto. Nata per rendere omaggio alla mostra “Fashion Forward 300 years of Fashion del Musée des Arts Décoratifs di Parigi”, H&M Conscious Eclusive, ha avuto il pregio, a mio avviso, di rendere indossabile, talvolta in maniera illuminata, pezzi e frammenti preziosi di arte e memoria come nel caso del petit manteau jacquard in poliestere riciclato e seta organica che, ispirato ‘ufficialmente’ al justaucorps maschile settecentesco, rievoca in realtà nel pattern tessile a ben guardare, gli antichissimi tessuti “ad rotas” ossia a medaglioni circolari, veicolando una sontuosità ampiamente al di sopra del target del prodotto, decisamente ‘sostenibile’ anche quello.

A sinistra: Julia Restoin Roitfeld, art director parigina, fashion influencer votata alla sostenibilità, nonchè figlia di Carine Roitfeld, nota past-director di Vogue Francia, indossa un manteau in poliestere riciclato e seta organica della collezione “H&M Conscious Exclusive” SS 2016; a destra: raro esempio di tessuto bizantino, proveniente, secondo la leggenda, dalla tomba di Carlo Magno a Aix-la-Chapelle e conservato a Parigi al Musée National du Moyen Âge, ( già Musée de Cluny).
Qual’ è dunque il comune denominatore di questi fenomeni convergenti?
Sicuramente il bisogno di difendere e creare nuova bellezza dove il ’segno’ inteso come traccia grafica diventa anche ‘solco culturale’ e protagonista di un nuovo processo di consapevolezza nel quale l’artista (designer o creativo che sia) attinge alla propria eredità culturale, rivitalizzandola per il proprio, acceleratissimo tempo che ha bisogno di pause in cui l’estetica si faccia etica. La necessità – ci pare di capire – è anche quella di vivere l’arte come esperienza personale catturandone uno zoom di cui l’ apparente voyerismo è in realtà pura meditazione estatica: di questo ci parlano alcuni artisti dell’ oggi, simili a colti veggenti, i quali offrono spunti di riflessioni per un futuro dove vecchie vie si rinnovano. Tramite l’arte si schiudono, all’ insegna della bellezza, misteri arcani inseguiti dalla creatività d’artista, come nel caso della “LEI” per eccellenza: la donna-emblema portata alla luce dal romagnolo Mauro Drudi attraverso un lavoro infaticabile di variazione su tema: così l’ Annunciata di Antonello da Messina si fa segno dell’ oggi quale inaspettato ‘sprazzo di bellezza’; grazie all’ artista che ha ricavato dalle campiture luce-ombra del dipinto originario una vera e propria icona cult, un’emblema contemporaneo perfettamente riconoscibile anche solo rubandone un frammento, sintesi grafica da ammirare forse in futuro, sullo screen del nostro i-phone quando la sete di bellezza ci sorprende.

Collage di singole “Lei”: opere dell’ artista Mauro Drudi in acrilico su legno quali variazioni hand-made sulla Annunciata di Antonello da Messina dipinta intorno al 1476 ca. e ritenuta l’emblema della ritrattistica moderna. Image Courtesy©Mauro Drudi.
Ecco dunque che, alla fine della nostra indagine, il brusio di fondo che occulta la vera bellezza si è dissolto, per lasciare spazio alla consapevolezza di come, oggi più che mai, avvertiamo la necessità che il bello sia anche ‘buono’ ma quello vero; nell’ era dell’ immateriale inseguiamo un bisogno che si delinea con precisione via via crescente: quella autenticità delle cose, quella ‘honesty’ che il mondo anglosassone riferisce al fare oltre che all’ essere. Si tratta senza dubbio della contemporanea, coraggiosa risposta a sollecitazioni mediatiche che fanno dell’ orrore la propria cifra quotidiana; brutture ormai ‘anestetizzanti’ e alle quali, evidentemente e per fortuna, il mondo della arte e della moda non si rassegna dicendo basta a suo modo: bello versus brutto/buono versus orrore… e a vincere pare proprio sia destinato nei prossimi anni, il bello-buono di antica memoria che ancora oggi ispira e commuove!
*Elisabetta Gnignera: Senior Fashion Product Manager e Storica della Moda
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