Copre la superficie del nostro corpo eppure l’abito è la rappresentazione più potente della nostra identità. Ma cosa succede quando il corpo viene estromesso dalla vita reale? L’abito diventa visione e la moda il racconto di un sogno che incanta il mondo
di Denise Bonapace
Da millenni, ad ogni latitudine della terra, l’uomo conosce ed indossa varie tipologie di “abito”: che sia una pezza di stoffa drappeggiata o un abito costruito sartorialmente, attraverso di esso parliamo della nostra identità, ci raccontiamo come appartenenti ad un determinato periodo storico, ambiente, gruppo sociale e culturale. L’abito che scegliamo di indossare insomma, esprime un proprio credo, che in maniera semplice, chiara e diretta arriva a tutti immediatamente.
Il rapporto che si crea tra chi indossa e l’indossato, è sempre unico e ricco di connotazione. Forse perché l’abito veste il corpo sulla sua superficie, la moda viene intesa come sistema semplicemente superficiale ed effimero, ma non lo è affatto.
Faccio qualche esempio.
Mi ha molto stupito (e innervosito) quando, qualche anno fa, ho scoperto che una delle prime domande fatte a una donna vittima di violenza, è: “Come era vestita?” Una domanda che sottende un’importanza straordinaria dell’abito, come se avesse parte nel far accadere le cose… ancora, oggi nel “mondo occidentale”, ma non solo, nessuno si stupisce se una ragazza indossa un paio di jeans, ma se lo fa Malala (Yousafzai, attivista Pakistana, e Premio Nobel per la pace nel 2014), ecco che diventa un atto politico! Quando li ha indossati qualche anno fa, a New York, è stata aggredita molto violentemente sui social da alcune frange religiose estremiste. Quindi il jeans è davvero un capo d’abbigliamento così potente capace di unire o dividere le persone nel mondo?
E com’è possibile che altrettanti attivisti transgender vengano uccisi per il loro modo di vestirsi e raccontare la propria emotività/sessualità?
È ovvio che gli abiti sono semplici elementi di potere, che colpiscono subito e con forza, centrando l’obbiettivo, scatenando emozioni e stupore, comprese (ahimè), anche paure e odio.
Ma se l’abito, una volta indossato, ha un forte e sottovalutato potere, cosa succede quando il corpo viene estromesso dalla vita reale? La pandemia ha causato l’esclusione del corpo dall’azione: reclusi nelle nostre case, abbiamo approfittato della realtà virtuale per parlare e vedere i nostri cari, per mantenere relazioni di piacere e di lavoro. Il corpo era lì, ma inerme e rinchiuso.
Nella storia dell’eterno rapporto tra corpo e abito, mai il corpo è stato tanto estromesso: limitato a vivere in spazi domestici protetti, con poca o nulla possibilità di contatto con l’altro, l’idealizzazione dell’io, l’altro sé, quello che vaga libero tra i social e le rappresentazioni video si gonfia d’aria e va in aria.
Guardando il Festival di Sanremo (in queste ultime due edizioni), ho notato come i cantanti più giovani, quelli che salgono la prima volta sul palco, si presentino con un look straordinario, divino, esagerato, semantico, simbolico, dove nessun dettaglio è lasciato al caso: personaggio e abito sono effimeri, magici, ermetici, affascinanti nell’attrarre lo sguardo e l’attenzione.
Ben diverso era anni fa, quando un giovane Gianni Morandi o un’infantile Gigliola Cinquetti, salivano sul palco la prima volta, ed erano “semplicemente” timidi ragazzi di paese, con una bellissima voce.
Oggi, i giovani talenti, salgono sul palco con l’appeal di divinità della musica pari a David Bowie, Grace Jones o alla Madonna dei tempi d’oro, già pieni di quell’unicità, quell’abitudine al racconto del proprio “sé iconico”, usando la moda per mostrare l’immagine divina del proprio sé!
La moda futura racconterà sempre più di personalità uniche, donandoci in regalo l’identità a cui aspiriamo, le migliori versioni di noi stessi, visioni che vagano libere nei desideri del divenire, come onironauti che re-incantano il mondo, volando e rinchiudendosi dentro il sogno, che miseramente, prive di peso, scompariranno nell’infinito con una folata di vento leggero.
Le immagini di Madame, Achille Lauro e de La rappresentante di Lista della foto di apertura sono tratte da Fanpage.it e dal profilo IG di Achille Lauro
Conosco Denis Bonapace e la sua attività. Brava