L’emergenza Covid-19 ha messo in quarantena l’intero pianeta, con conseguenze che potrebbero portare alla più grande recessione economica dalla seconda guerra mondiale, colpendo tutti i settori, dalla finanza al turismo. E la moda, a causa della sua natura discrezionale, è un sistema particolarmente vulnerabile.
Secondo il rapporto congiunto tra The Business of Fashion e McKinsey & Company The State of Fashion 2020 Coronavirus Update l’industria della moda è in allerta rossa e si prospetta una contrazione dei ricavi per i settori dell’abbigliamento e delle calzature dal 27 al 30% nel 2020 per guadagnare un timida ricrescita del 2 al 4% nel 2021.
L’emergenza Coronavirus ha evidenziato che i meccanismi che hanno sostenuto e incrementato il sistema moda negli ultimi decenni – surplus di offerta, delocalizzazione di produzione, mancata attenzione sul rispetto delle condizioni dei lavoratori e dell’ambiente – saranno incompatibili con uno scenario economico mondiale profondamente cambiato che porterà a una forte contrazione dei consumi e di tutti i beni voluttuari come quello dell’abbigliamento.
Tutti i player del settore, anche le piccole e grandi aziende che in questi giorni mettono i loro stabilimenti a disposizione della collettività, riconvertendo la produzione di abiti in mascherine e divise per gli operatori sanitari, hanno capito che la moda non potrà più essere un sistema a sé.
Sarà necessaria una visione a lungo termine che ridefinisca sistemi e pratiche di produzione in una direzione che sia finalmente sostenibile – dal punto di vista economico, sociale, ambientale – facendo leva su un pensiero critico che dia forza a ricerche innovative sul piano scientifico e tecnologico e a comportamenti più consapevoli da parte dei consumatori.
“Coronavirus può portare a una crisi di dimensioni globali mai sperimentata prima – ha sentenziato nelle scorse settimane la trendforecaster Li Edelkoort in un’intervista a Dezeen ripresa in tutto mondo – ma può anche rappresentare per l’umanità l’occasione per un nuovo inizio, basato sul valore del rispetto: per la persona, le condizioni di lavoro, l’ambiente”.
Sono i valori della moda sostenibile che in questo momento può giocare un ruolo importante in un cambiamento da sempre prospettato e che è già in atto.
La foto di apertura è di Mella Jaarsa, Until Time is Old, 2014.
Artista olandese di stanza a Jakarta, Mella Jaarsa ha partecipato alla mostra Fashion As Social Energy realizzata da Connecting Cultures nel 2015 a Palazzo Morando nell’ambito di Milano Expo.
CONSIGLI DI LETTURA
Dezeen, 9 marzo 2020 – Coronavirus offers a ‘a blank page for a new beginnig’ says Li Edelkoort
L’epidemia di coronavirus porterà a “una recessione globale di una portata mai sperimentata prima”, ma alla fine permetterà all’umanità di ripristinare i suoi valori.
Vogue Business, 9 aprile 2020 – Circular fashion’s timely opportunity
Gli impegni sulla sostenibilità sono rischio mentre i marchi arrancano a fatica. Ma una battuta d’arresto del mercato potrebbe aprire la strada a pratiche circolari.
Business of Fashion, 7 aprile 2020 – Is This the End of Wholesale, or the Beginning of Something Better?
I grandi magazzini stanno annullando gli ordini e ritardando i pagamenti: in discussione un sistema che è stato sfidato per anni.
Campagna Abiti Puliti, 7 aprile 2020 – Covid-19: cresce l’insicurezza per i lavoratori e le lavoratrici tessili
I lavoratori tessili nelle filiere globali, già costretti in situazioni di vita precarie, affrontano una crescente insicurezza man mano che le fabbriche chiudono per il calo degli ordini e le misure governative restrittive per proteggere la salute pubblica.
Io Donna, 6 aprile 2020 – Giorgio Armani, come deve cambiare la moda dopo il coronavirus
Lo stilista prospetta un nuovo, più intimo scenario per la moda post Coronavirus. “Le persone vorranno vestiti che durano”. Una riflessione su un doveroso – oltre che necessario – “rallentamento” del settore.
The Guardian, 5 aprile 2020 – UK fashion retailers brace for shakeup as clothing piles up in warehouses
I vestiti si accumulano nei magazzini. Grandi aziende come Next e Primark smettono di effettuare consegne mentre le aziende più piccole come Cath Kidston affrontano il collasso.
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