di Paola Baronio
Palermo, Milano, Roma, Caltanisetta, Torino… nei percorsi di Clara Diana ci sono tante città e più di una scuola importante. Diana è una persona che si muove, che osserva, che viaggia, che matura idee e cambia scenari. Ha un temperamento artistico e insieme alla moda si sente da sempre attratta anche dal teatro e dal cinema.
Nata a Palermo 27 anni fa, dopo la maturità classica ha preso il diploma di stilista presso un importante istituto di Milano; poi è stata a un passo dall’ammissione al Centro sperimentale di Cinematografia a Roma e, dopo una malattia che l’ha tagliata fuori dal mondo per più di un anno, ha lavorato per un po’ a Caltanisetta prima di tornare ancora al nord. Ora vive a Torino dove, rispetto a Milano, ha trovato una dimensione a sua misura.
La scelta di questa città è avvenuta così, quasi d’istinto dopo avere visitato un caro amico che ora, tra l’altro, non ci abita più. È a Torino che Clara ha dato vita a Giricucio, il suo esperimento di riciclo creativo con il quale realizza nuovi abiti utilizzando capi usati: “Capita che li stravolga completamente, che li assembli oppure che attualizzi rimettendoli a modello”, ci spiega. Giricucio ha rappresentato una tappa importante del suo percorso. Quello di una creatività libera e liberata dopo troppe esperienze negative a Milano in aziende operanti nel sistema della moda.
Diana è un’inquieta. Nel senso che è animata dalla ricerca di trovare la verità delle cose, la loro essenza. Non racconta e non si racconta bugie. Le sembra evidente che quello che vede sia lì, sotto gli occhi di tutti. E la cecità, il conformismo, l’opportunismo e l’arroganza di tanti ambienti in ambito fashion dove le è capitato di lavorare le è risultato insopportabile.
Dopo i tre anni in un’importante scuola di settore ha svolto stage semigratutiti per sartorie di moda dove ha coperto mille ruoli senza limite di orario. Poi ha lavorato in nero per un laboratorio nel Quadrilatero della moda. Aveva l’incarico di archiviare i cartamodelli in digitale. Poiché doveva risultare ‘invisibile’, era stata confinata nel retrobottega. Da quella postazione Clara ha potuto visionare e archiviare il meglio della storia della moda degli ultimi quarant’anni ma è stata anche testimone del passaggio di denaro brevi manu a lavoranti cinesi. In sintesi, è così che si alimenta il luccicante fashion system a Milano.
“In quel mondo io ero un pesce fuor d’acqua”, dice con onestà e parecchio orgoglio. L’attrazione per i corsi di out of fashion è nata anche da quel chiamarsi fuori dalla moda. Da quel “sistema” di fare moda. “Mi è sembrata una prospettiva interessante e stimolante. Mi ci sono riconosciuta”. La frequentazione delle lezioni le ha portato conoscenze e scambi. Con docenti e allievi. E una nuova consapevolezza: “L’esperienza di Giricucio così non regge. Se io mi impegno nella parte creativa non riesco a seguire gli aspetti commerciali e di marketing che sono fondamentali. Poi riconosco che l’offerta ha dei limiti: di taglie, di colori, di varietà. Ogni capo è un pezzo unico. E questo commercialmente non funziona”.
Ora Clara ha le idee molto più chiare su quello che vuole fare nella moda. Non vede l’ora di sottoporre agli esperti di CNA Milano e Monza-Brianza per i moduli di pre-incubazione il suo nuovo progetto. Una linea di moda sostenibile tutta made in Italy sviluppata attraverso la tecnologia digitale 3D. Per ora non vuole dirci di più. Ma sentiremo ancora parlare di lei.
Scrivi un commento