di Paola Baronio
Non ci ha dormito tre notti, ma alla fine il taglio di tessuto tecnologico che le consentirà di lanciare la prossima collezione “Black&White”, Ilaria Ragusa lo ha comperato. Una decisione affatto scontata, perché la sua moda deve essere sostenibile innanzitutto dal punto di vista economico. Ilaria sta infatti realizzando il sogno di un suo brand, la creazione di una collezione di abiti che la rappresentano, che le piacciono (e che piacciono!) ma se vuole che il sogno continui, deve tenere gli occhi bene aperti senza perdere di vista la calcolatrice.
Nel novembre del 2014 ha lanciato la Mafalda, una start up di capi di abbigliamento hand made realizzato attraverso il processo di refashion. Ilaria è partita con il piccolo tesoretto di qualche migliaia di euro e l’obiettivo di andare in pareggio entro luglio. Le cose si sono messe subito abbastanza bene: la passione per la moda e il buon gusto innato sono stati la miccia iniziale, ma la realizzazione, la promozione e la vendita della collezione sono il frutto di organizzazione, determinazione, lucidità e… tanta energia! La stessa che la porta a venire ogni volta da Genova a Milano per i corsi di out of fashion, dove ha allacciato una fitta rete di relazioni e di scambi, la stessa che l’ha portata all’impegno per due anni come educatrice di strada nei quartieri più disagiati della sua città. La stessa che infonde nella sua attività di volontaria all’ospedale pediatrico Gaslini o al Dynamo Camp sulle alture di Pistoia con i bambini affetti da gravi malattie.
Ilaria è una macchina da guerra: una volta presa la decisione di lasciare l’impiego da contabile presso una multinazionale, si è lanciata a capo fitto nell’avventura di la Mafalda: ha ideato il logo, disegna i cartamodelli, va alla caccia dei tessuti migliori alle condizioni più convenienti e dei laboratori più efficienti per la confezione dei capi. Con la consulenza e il supporto di una rete di amiche, ha ideato un packaging accattivante e attivato una mirata attività di promozione sui social. Le creazioni la Mafalda sono indossate da blogger che fanno tendenza nel web, vendute online sulla app depop ma anche con sistemi “old economy” come il sempre efficace passaparola.
Ilaria è brava a ottimizzare mezzi, tempo e denari. E possiede la capacità di creare relazioni, di lavorare con più interlocutori, di inventare soluzioni e opportunità. Come le vendite “open house” nella casa di un’amica incontrata su un passaggio insieme via Blabla car, o lo shooting nello stabilimento balneare sotto casa a Nervi e diventato una location suggestiva per gli scatti ad amiche carine che si sono improvvisate modelle.
Dopo tanti anni trascorsi tra gli uomini a progettare case edifici nella sua precedente attività di geometra, Ilaria sta scoprendo che lo scambio e la condivisione sono modalità di rapporto naturali tra le donne e che queste dinamiche aiutano la crescita e lo sviluppo del suo progetto.
Quando ha sottoposto i suoi capi ad amiche e conoscenti per esempio ha scoperto che il target di la Mafalda non era solo quello delle 25-35enni sue coetanee ma che le giacche potevano piacere anche alle donne più grandi, attratte, oltre che dallo stile distintivo, anche dalla praticità della linea a trapezio. Da qui la necessità di estendere il range di taglie per andare incontro alle richieste di vestibilità di questo target più maturo. Questo però implicherà una produzione più vasta e un investimento economico maggiore.
Un passaggio cruciale per tutte le attività imprenditoriali che per Ilaria diventa particolarmente delicato perché il budget – il famoso tesoretto – durerà, come da programmi, fino a luglio. L’ipotesi che il progetto si areni per mancanza di denaro, per l’impossibilità di acquistare i nuovi tessuti e realizzare i capi, è inaccettabile per Ilaria. Non perché sia scaramantica o pavida, ma perché finora la Mafalda le ha dato tante soddisfazioni e ha ricevuto tante conferme: il sistema di produzione che ha messo in piedi e che in una settimana le permette di consegnare al cliente il capo ordinato funziona, la rete di collaborazioni tiene, i capi – realizzati con cura sartoriale e proposti a prezzi competitivi – piacciono e sono venduti. Perché non dovrebbe farcela?
Anche perché Ilaria conta su un aiuto unico e speciale. Quello di nonna Mafalda. La nonna che le ha ispirato il nome del suo brand, lo stesso che Ilaria porta tatuato da quest’estate sul polso per suggellare la nascita di un sogno e l’esistenza di un legame d’amore fortissimo. Ilaria non ha quasi ricordi di lei: è mancata quando era troppo piccola ma è cresciuta con la certezza di avere una protezione speciale, un angelo custode che lei immagina appoggiato alla sua spalla destra. Nonna Mafalda sarà con lei, quando a luglio la collezione, intitolata a suo nome, comincerà a volare con le proprie gambe.
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