La transizione verso l’economia circolare richiesta dalla Commissione Europea per i prossimi decenni è una sfida estremamente impegnativa che rischia di mettere fine alle micro e piccole imprese italiane del comparto tessile. Mariagrazia Berardi, responsabile del progetto EEN per CNA Lombardia ci spiega perché e quale sia l’unica soluzione possibile
La mia tesina di fine corso del Master di II livello in Previsione Sociale dell’università di Trento è stata l’occasione per condurre uno studio di futuri sulle micro e piccole imprese del tessile abbigliamento e la sfida dell’economia circolare.La ricerca è stata basata su un arco temporale di circa 18 anni (2040) così da prendere in esame un periodo intermedio tra gli obiettivi della Commissione Europea al 2030 e il target ultimo per la decarbonizzazione fissato al 2050.
Come oramai sappiamo bene, per far fronte ai cambiamenti climatici e al degrado ambientale, nel 2019 la Commissione Europea ha adottato il “Green Deal”, una strategia volta a raggiungere la neutralità climatica nel 2050.
Nel 2020, la strategia industriale europea indica il settore tessile-abbigliamento come uno dei 14 ecosistemi su cui operare per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione.
Il 30 marzo 2022 è stata presentata la Strategia Europea per un tessile sostenibile e circolare che mira, entro il 2030, all’adozione di modelli di business sempre più circolari.
E’ evidente che, per far fronte ai cambiamenti climatici, si stiano adottando nuove strategie verso una transizione da modelli di business lineari a modelli di business circolare.
Fatta questa premessa, ci siamo posti due domande:
Come le micro e piccole imprese del settore tessile-abbigliamento potranno attuare una transizione verso modelli di business circolare entro il 2040?
La transizione verso modelli di business circolare, rischia di rivelarsi un boomerang per le micro e piccole imprese, portandole alla progressiva scomparsa?
Perché il focus proprio sulle micro e piccole imprese
Se in Europa il settore tessile-abbigliamento è composto prevalentemente da PMI, in Italia, il settore è costituito per oltre l’80% da micro imprese per cui l’economia circolare rappresenta una vera e propria sfida.
È necessario un massiccio lavoro di sensibilizzazione e individuazione di possibili azioni che le micro e piccole imprese possano attuare già da subito per cambiare il proprio modello di business e continuare a essere protagoniste attive del settore anche nei prossimi anni.
Le micro e piccole imprese rappresentano la spina dorsale del tessuto imprenditoriale italiano: su 5 milioni di imprese attive in Italia, le microimprese con meno di 10 addetti sono quelle numericamente più importanti, rappresentando il 95,05% mentre le piccole imprese attive sono circa 225.000 e rappresentano il 4,33% del totale. Il restante 0,62% è composto invece da medie e grandi imprese.
Analizzando il comparto manifatturiero del tessile-abbigliamento, nello specifico i codici Ateco C13 (tessile), C14 (confezione) e C15 (fabbricazione articoli in pelle e simili), su un totale di 77.373 imprese attive, le micro e le piccole imprese rappresentano il 98,39% del totale. In particolare, le micro imprese fino a 5 addetti, con 57.159 imprese attive, rappresentano il 73,87% del totale.
La ricerca si è posta lo scopo d’individuare possibili elementi e fattori che possano aiutare le micro e piccole imprese del tessile-abbigliamento a superare le sfide poste dalla transizione verso nuovi modelli di business circolari.
Lo studio è stato affrontato attraverso tre fasi: una prima fase di raccolta d’informazioni per meglio definire il contesto per poi passare a una seconda fase in cui sono state effettuate delle interviste strategiche a soggetti esperti sul tema. Nella terza fase sono stati condotti gli esercizi di futuro con due differenti gruppi di addetti ai lavori.
I risultati della ricerca evidenziano come la transizione sostenibile sembra essere un rischio reale che, se non affrontato per tempo, potrebbe portare alla progressiva scomparsa di quelle che sono le vere protagoniste del nostro Made in Italy.
Le micro e piccole imprese rischiano di soccombere sotto il peso della normativa e l’aumento dei costi, portando alla perdita delle competenze e della tradizione del Made in Italy.
D’altro canto, dallo studio sono emerse alcune azioni anticipanti a supporto della sopravvivenza delle micro e piccole imprese.
In particolare, si evidenzia la necessità di fare rete attraverso la creazione di hub/consorzi/network locali che incentivino la collaborazione tra imprese, l’utilizzo della tecnologia abbinata all’artigianalità, l’investimento sulla formazione e maggiore attenzione ai bisogni delle persone.
Supportare la creazione di reti locali e community che annullino la distanza tra i produttori e i consumatori nell’ottica di una manifattura sempre più basata sulla co-creazione.
In sintesi, quanto emerso dallo studio si può riassumere con una serie di keyword su cui puntare: locale – rete – co-creazione – formazione – persone al centro – community.
Mariagrazia Berardi è tra i docenti del Corso di Alta Formazione della moda sostenibile Out of Fashion. La sua lezione è in programma nel primo modulo del corso 2022-23 LA CULTURA DELLA SOSTENIBILITÀ: NUOVI MODELLI DI BUSINESS PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE che si terrà il 25/26 novembre 2022 in presenza, alla sede di CNA Milano.
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